Mi sento un po' una merda perché non ti scrivo mai

Ciao Martamica, 

 va bene. 
Finisco i progetti e cerco di tenere in mano il tempo mettendoci dentro delle cose. 
Oggi ho cucinato tagliatelle al ragù e piadina per tutti, ed era tutto piuttosto buono, ma quello più esaltato ero visibilmente io. Mi manca proprio, quel posto chiamato casa. 
Sono fatto così, mi manca sempre qualcosa. 
A volte cammino per il corridoio, qui, e riconosco un particolare odore, e penso a un certo giorno di agosto e a un certo disco dei Joie de Vivre e mi manca questo posto stesso. 
Sentirsi incompleti è solo un'altra faccia di quel desiderio di vita che abbiamo dentro. Sentirsi in movimento, in un flusso di cose, come un sasso rompe la corrente del fiume venendone al contempo trascinato. 
È bello sentirsi ovunque eppure qui, sentire scelte e possibilità mescolarsi e trasformarsi tutti i giorni. Sentirsi dentro la propria vita. 
È bello avere un orizzonte più vasto, che ti obbliga a tenere lo sguardo alto. Sarà dura reinserirsi nella miopia del corso di Ing. Gestionale a Bologna. 

Coté Noël, poco da fare: Parigi in questa stagione è adorabile (anche se sembra un po' Little Italy), mi ascolto beatamente She & Him almeno una volta al giorno, abbiamo castagne e vin brulè. Direi che funziona, no? 
Ma casa è sempre meglio. 

Lato sfighe universitarie, io me le sono cercate venendo qua. A febbraio, tra integrazioni ed esami indietro, dovrò lavorare come un cinese per starci dentro. Poi ultimo trimestre, tesi, beghe. 
Dai che ci andiam dietro assieme. 
Congratulazioni! Sei ufficialmente adottata tra i '92! Un meraviglioso numero pari! L'anno di tangentopoli e delle stragi di mafia! Che altro chiedere? 

Sì, stasera va così: qui mi piace molto e faccio alcune cose interessanti, e vivo una vita molto diversa. Mi sento al posto giusto, per questo momento. Ma giustamente il tempo è fatto, e so che a gennaio sarà comunque un'altra cosa, venire qui due settimane. 
Un leggero mal di testa e una lunga lista di cose da approntare. 
La fine di una sceneggiatura. 

Venerdì sera salgo su un aereo, sarò a casa fino al sette gennaio. 
E sì, possiamo decisamente andare al mare, e scattare alcune fotografie. E parlare di cose. 

Come dell'Amicizia, che è così, non bada alla quantità. Ci sono persone che saluto tutti i giorni ma che eppure. 
E poi c'è la Marta, che ci sentiamo una volta ogni mai e però ha sempre quella marcia in più per andare con decisione e leggerezza fin dentro alle cose. E allora si può anche fare a meno di avere un foreground comune su cui trascinare le discussioni. Lo trovo bello. 

Coraggio, andrà tutto benissimo. 
A presto

Filippo

She & Him - Silver Bells

Un lungo paragrafo

Ancora pioggia alla finestra.
Silenziosa, non te ne accorgi neanche.
Settantotto giorni, non te ne accorgi neanche, se non li vai a contare.
Dicevano che sarebbe stato facile e non volevi crederci.
Dicevano che ti sarebbe piaciuto, e tu non volevi che succedesse.
Volevi prenderla brutta e starci male e dimostrare che casa è meglio, che stare sicuri è meglio.
E poi corri, ti arrangi, ti inventi soluzioni e vedi che hai molte meno preoccupazioni di quanto ti aspetteresti.
Lo so, è uno stato di grazia, nient'altro che una semplice parentesi.
Eppure ho quasi paura di tornare.
Paura di raccontare, di spiegare, di ripetere.
Anzi, noia. Noia di un mondo lento in cui forse troppo lentamente vivo e che mi trascina con scossoni inaspettati.
Oppure è senso di inadeguatezza, inadeguatezza nel tornare. Non so neanche a cosa mi riferisca quando penso a tornare. Dove tornare.
Quale sia il riferimento. Le cose brevi non fanno per me, ormai l'ho imparato.
Ho comunque bisogno di orizzonti, di guardare lontano, di pianificare, di adattarmi.
Eppure mi manca tutto.
Mi mancano le voci e gli orari che ho perso, la mia famiglia.
Mi manca il sapore del cibo e tutti gli odori che non ricordo, odori quotidiani che di solito non riconosco.
L'ingresso, la mia stanza, il divano, la macchina. Le persone.
Mi manca l'autunno della mia terra, gli aratri e le semine, la nebbia e l'odore di fuochi spenti la sera alle sei.
Mi manca guidare quei diciotto minuti di campagna che ci separano.
Forse mi manca pensare alle esigenze degli altri ed esserne scocciato.
In realtà non può mancarti altro che qualcosa che hai.
Una luogo, un ricordo, un'esperienza, una relazione.
E allora non ti manca davvero, se ce l'hai.
Eppure.
Eppure vivo qui, veloce, facendo quello che devo fare, impegnandomi al massimo e cercando di imparare e di conoscere.
E mi stacco, perdo il riferimento.
Trovo il bisogno di dare un nome al tempo, di capire cosa sto vivendo e mettermici dentro.
Sono felice di come sto usando il mio tempo e delle persone che mi sono intorno.
Resta un po' la voglia irrisolta di viaggiare, il senso di potenziale inespresso, il vedere la leggerezza che molti hanno di prendere e partire e fregarsene di qualche lezione.
Resta irrisolta la questione di Kundera sul binomio leggero/pesante.
Io non lo so cosa sia davvero positivo.
So che ora mi sento leggero ma agisco pesante.
So che sto accumulando tanto materiale da nostalgia, senza quasi rendermene conto.
I dopocena nella cucina del terzo piano, la pioggia dal sesto piano di BF, l'odore delle scale della BUTC che mi ricorda la palestra delle medie e le vacanze in montagna con la famiglia, la foresta, la luce sul binario della stazione, la finestra.
Un lungo paragrafo.
Pioggia sulla strada. Non passano molte macchine.
C'è il mondo fuori, neanche te ne accorgi.

Crash of Rhinos - Everything Is

Something to write home about


Finestra aperta, computer sul davanzale, dietro c'è la pioggia.
Una finestra che non avrei nemmeno immaginato di poter aprire.
Viaggi fantasticati, guardare gli aerei da sotto, e poi improvvisamente partire.
Ho lasciato metà dei vestiti nell'armadio, e sotto il comodino una scatola con le cose più importanti.
Non è facile tenere tutto dentro, vicino. Non è facile capire cosa è vero e cosa invece è solo temporaneo.
Ricordare le chiavi per entrare, perché qui non c'è Enrico che apre.
Ricordare di salutare sempre e di essere socievole.
Ricordare di compare porzioni piccole e di controllare la scadenza del latte.
Da cinque a uno.
Imparare a contare fino a uno, e soprattutto imparare a non proseguire.

Ormai mi nutro solo di succo e nostalgie.
Che nome dai alla nostalgia della nostalgia?
Sulla tovaglia di plastica le tazze hanno lasciato le cicatrici delle colazioni da solo.
Guardo verso sud e ti aspetto.
Incapace a pensare al dopo.
Ecco cosa ho imparato: a vivere nel temporaneo, a lasciare nella scatola sotto il comodino le lenti da lontano.
Ad accettare l'incertezza e i cambiamenti.
Che nome dai all'attesa dell'attesa?

Non ho una risposta e non ho una motivazione.
Ho solo una bicicletta nel deposito, il rumore degli pneumatici sull'asfalto umido, la luce grigia che entra ora, dopo la pioggia.
Aprirsi, sì, ma prima ancora salire sui pedali e sentire l'aria sulla schiena.
Se non ci sei tu è il solo modo che conosco per sentirmi libero.
Qualcosa di cui scrivere a casa.

arrange - Medicine Man




Happier

Stendere le braccia per catturare l'aria che ti scorre tra le dita:
è sera e le finestre sono ormai cornici vuote su tele sbiadite.
La bici della nonna scivola silenziosa sull'asfalto lavato dalle piogge,
la notte ti avvolge come un giubbotto leggero con la zip tirata fino al mento.
Della primavera amo il sentirla iniziare.
È prima di tutto un odore, odore di campi, di bucato asciutto, di cielo terso.
Una sensazione che solo la pelle riesce a descrivere nella sua semplice complessità.
Nuvole che si squarciano e vedi lontano.
Puoi tornare indietro e recuperare il tempo dimenticato:
vecchi amici che tornano e nuovi che arrivano, come libri sul comodino.

Già, soprattutto libri.
E treni.
I pattini troppo a lungo impolverati nel sottoscala.
È un rumore sommesso che devi imparare ad ascoltare,
sonno che coglie nel sole delle cinque.
Una parola strana a scriversi e a difficile a dirsi,
microesplosioni a raffica fino a sera.
Sorridi, pensi forte un grazie da spedire su.


Iron & Wine - Each Coming Night