Un lungo paragrafo

Ancora pioggia alla finestra.
Silenziosa, non te ne accorgi neanche.
Settantotto giorni, non te ne accorgi neanche, se non li vai a contare.
Dicevano che sarebbe stato facile e non volevi crederci.
Dicevano che ti sarebbe piaciuto, e tu non volevi che succedesse.
Volevi prenderla brutta e starci male e dimostrare che casa è meglio, che stare sicuri è meglio.
E poi corri, ti arrangi, ti inventi soluzioni e vedi che hai molte meno preoccupazioni di quanto ti aspetteresti.
Lo so, è uno stato di grazia, nient'altro che una semplice parentesi.
Eppure ho quasi paura di tornare.
Paura di raccontare, di spiegare, di ripetere.
Anzi, noia. Noia di un mondo lento in cui forse troppo lentamente vivo e che mi trascina con scossoni inaspettati.
Oppure è senso di inadeguatezza, inadeguatezza nel tornare. Non so neanche a cosa mi riferisca quando penso a tornare. Dove tornare.
Quale sia il riferimento. Le cose brevi non fanno per me, ormai l'ho imparato.
Ho comunque bisogno di orizzonti, di guardare lontano, di pianificare, di adattarmi.
Eppure mi manca tutto.
Mi mancano le voci e gli orari che ho perso, la mia famiglia.
Mi manca il sapore del cibo e tutti gli odori che non ricordo, odori quotidiani che di solito non riconosco.
L'ingresso, la mia stanza, il divano, la macchina. Le persone.
Mi manca l'autunno della mia terra, gli aratri e le semine, la nebbia e l'odore di fuochi spenti la sera alle sei.
Mi manca guidare quei diciotto minuti di campagna che ci separano.
Forse mi manca pensare alle esigenze degli altri ed esserne scocciato.
In realtà non può mancarti altro che qualcosa che hai.
Una luogo, un ricordo, un'esperienza, una relazione.
E allora non ti manca davvero, se ce l'hai.
Eppure.
Eppure vivo qui, veloce, facendo quello che devo fare, impegnandomi al massimo e cercando di imparare e di conoscere.
E mi stacco, perdo il riferimento.
Trovo il bisogno di dare un nome al tempo, di capire cosa sto vivendo e mettermici dentro.
Sono felice di come sto usando il mio tempo e delle persone che mi sono intorno.
Resta un po' la voglia irrisolta di viaggiare, il senso di potenziale inespresso, il vedere la leggerezza che molti hanno di prendere e partire e fregarsene di qualche lezione.
Resta irrisolta la questione di Kundera sul binomio leggero/pesante.
Io non lo so cosa sia davvero positivo.
So che ora mi sento leggero ma agisco pesante.
So che sto accumulando tanto materiale da nostalgia, senza quasi rendermene conto.
I dopocena nella cucina del terzo piano, la pioggia dal sesto piano di BF, l'odore delle scale della BUTC che mi ricorda la palestra delle medie e le vacanze in montagna con la famiglia, la foresta, la luce sul binario della stazione, la finestra.
Un lungo paragrafo.
Pioggia sulla strada. Non passano molte macchine.
C'è il mondo fuori, neanche te ne accorgi.

Crash of Rhinos - Everything Is

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